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Nomenclatori veneziani
Cifra usando un nomenclatore Archivio interattivo cifrati e nomenclatori

Liste cifranti
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Dal secolo XV al XVIII la diplomazia della Repubblica di Venezia usò come strumento crittografico principale, se non unico, il nomenclatore: vengono cifrate le singole lettere dell'alfabeto, sillabe intese come gruppi di consonanti seguite da una vocale, che formano il sillabario, e una lista di parole di uso frequente che formano il dizionario. Il numero di segni crebbe dai primissimi nomenclatori di inizio Quattrocento, poche decine, a quelli più ricchi, alcune centinaia di segni cifranti, da metà Cinquecento fino alla fine della Repubblica nel 1797.

L'evoluzione dei segni cifranti segue quella degli analoghi nomenclatori usati dalle cancellerie europee. I più antichi, da quello del doge Michele Steno del 1411 a quello del bailo di Costantinopoli dal quale è stato tratto il modello qui accanto, sono costituiti da segni di fantasia, geometrici, cerchi, croci con varie appendici, ma anche lettere latine o greche e cifre decimali. Il modello, inteso come l'elenco delle lettere, gruppi di lettere e parole da cifrare è sempre lo stesso o quasi, ed è mostrato nella figura a lato. Veniva chiamata chiave di cifra o scontro una compilazione di questo modello, il cifrario operativo, che veniva usato da questo o quell'ambasciatore, da questo o quel comandante militare.

L'operatore alla cifra deve cercare il segno nella lista cifrante e scriverlo sul dispaccio; questo richiede un notevole addestramento a leggere e scrivere segni, diversi da lettere e numeri, senza confonderli tra di loro. Ancor più complesso il lavoro dell'operatore della cancelleria del doge, dove i dispacci cifrati venivano decifrati; gli addetti dovevano cercare per ogni segno la lettera o gruppo corrispondente fino a recuperare il testo chiaro.

Già a metà Cinquecento compaiono nuovi nomenclatori che usano solo lettere e numeri semplificando scrittura e lettura dei dispacci; molti usano il curioso espediente di scrivere come cifra una coppia di lettere o numeri scritti a mo' di potenza matematica, il primo come base, il secondo come esponente. In questo modo si evitano confusioni tra la prima e la seconda lettera (o cifra decimale); tipici segni cifranti sono: $ a^n \; a^{23} $. Spesso la lettera usata come base è stilizzata.

I segretari della cancelleria o del senato addetti alle cifre erano chiamati deputati alle cifre un incarico formalizzato con un giuramento che li vincolava alla più assoluta segretezza. Verso la fine del Cinquecento l'uomo chiave per le cifre è Hieronimo di Franceschi, notaio e poi segretario del Senato, del quale si ricorda la cifra delle caselle, usata per diversi anni come cifra di massima sicurezza dalle ambasciate di Francia, Spagna, Sacro Romano Impero e Costantinopoli; è uno dei primi esempi di codice sovra-cifrato, a tutt'ora il primo noto in dettaglio e che sia stato usato effettivamente.

Dopo Franceschi entra in scena in veste di rivale il notaio Pietro Partenio a sua volta inventore di codici sovracifrati, come quello adottato nel 1595 con poca fortuna, al posto delle caselle, e di altre ingegnose cifre di falso scontro o non sospette (in pratica una forma di steganografia); tra Franceschi e Partenio, nel 1595-96, esplose una astiosa polemica che finì con l'abbandono delle cifre di entrambi e con l'inizio della decadenza della crittografia veneziana. Si diffusero nomenclatori sempre più semplici, come quelli ordinati che Partenio usava come prima cifra, usati a metà senza sovracifratura; come segni cifranti si usano semplicemente numeri di tre cifre, che permettono di avere un nomenclatore con un massimo di un migliaio di segni.

Nella prima metà del Seicento sono deputati alle cifre Piero Amai, pupillo del Franceschi, e Ottavio Medici pupillo del Partenio. Medici è l'ultimo cifrista veneziano capace di qualche invenzione come la sua cifra a dimensione variabile.

Nel Settecento si trovano sempre meno messaggi cifrati, segno di decadenza crittografica e forse anche del peso ormai sempre più ridotto della Serenissima Repubblica sullo scenario europeo. Nei cifrati di Sebastian Foscarini ambasciatore in Spagna la decifra della cancelleria è spesso scritta sulla pagina stessa del dispaccio; curioso il fatto che il cifrato fosse cancellato con un tratto spesso, evidentemente per evitare che qualcuno potesse ricostruire il cifrario dal confronto tra chiaro e cifrato. Precauzione inutile perché oggi gli inchiostri appaiono sbiaditi e il cifrato si legge facilmente. I cifrari appaiono ancora più deboli di quelli del Seicento, non vi è per esempio più traccia del dizionario, solo un alfabeto e un sillabario molto ordinati. Lo stesso Sebastian Foscarini passato a Vienna come ambasciatore presso il Sacro Romano Impero, non usa più cifre, i messaggi trovati sono tutti in chiaro.

In questa sezione verranno via via pubblicati cifrari e cifrati trovati all'archivio di Venezia.

Dopo la caduta della Serenissima; Luigi Pasini

Nel XIX e XX secolo le diplomazie usarono ancora molto i nomenclatori, ampliando sempre più il dizionario e rendendo sempre più voluminoso il cifrario, per il quale non basta più un foglio, ci vuole un volume che prende il nome di codice. Inevitabilmente da gruppi di tre cifre si passa a quattro e cinque cifre; a fine Ottocento diventano popolari cifrari pubblici come, in Italia, il Baravelli a 4 cifre e il Mengarini a 5 cifre.

Tra il 1865 e il 1885 si occupò dei nomenclatori veneziani Luigi Pasini (1835-1885) archivista all'Archivio di Stato di Venezia, che appassionotasi ai codici, studiò le chiavi (scontri) di cifra custodite all'archivio, e riuscì a ricostruirne alcune andate perse e a decifrare molti dispacci dei quali si era persa la decifra di cancelleria. Nel 1872 pubblicò un opuscolo nel quale riassumeva i risultati della sua ricerca. Stava lavorando a un'opera più ampia, in quattro volumi, ma la morte prematura nel 1885 interruppe la sua impresa e di questi volumi non si trova più traccia. L'opuscolo del 1872 resta l'unica opera specificamente dedicata alle cifre veneziane.


Esempi interattivi

Alla pagina decifra un nomenclatore veneziano è possibile visualizzare e decifrare alcuni dispacci di ambasciatori veneziani a Roma, Parigi, Madrid, tra il XVI e XVIII secolo, conservati all'archivio di stato di Venezia.


Riferimenti bibliografici
Siti e pagine web
Ringraziamenti

Si ringraziano Michela Dal Borgo e Giovanni Caniato dell'Archivio di Stato di Venezia per la disponibilità e l'assistenza prestate.

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