Johannes Trithemius, in italiano Tritemio, nella sua seconda opera sulle scritture segrete, Libri Polygraphiae VI presenta due cifre steganografiche nei libri I e II, e quattro cifre che rinunciano alla proprietà di essere insospettabili, fino alla più semplice e conosciuta la Recta Tabula.
La cifra del libro I è costituita da una lista di ben 384 alfabeti cifranti, nei quali ad ogni lettera corrisponde una parola; la lista è congegnata in modo da ottenere un testo di senso corrente, che non dia sospetto di essere in codice. Che poi si ottenga sempre un testo plausibile che non dia adito a sospetti è molto dubbio.
Provando il cifrario con l'esempio interattivo qui sotto, si può verificare che i testi ottenuti raramente hanno un senso comprensibile.
Per cifrare si prende la prima lettera del testo chiaro si comincia dal primo alfabeto cercando la parola corrispondente; si prosegue con la seconda lettera e il secondo alfabeto e si va avanti fino ad aver esaurito il testo chiaro. Se il testo supera le 384 lettere si deve ricominciare daccapo.
Se per un verso questa cifra appare molto ingombrante, producendo un testo cifrato lungo più di dieci volte l'originale, cosa del resto comune in steganografia, vista da un altro verso è in effetti una cifra polialfabetica a chiave molto lunga; se invece di cifrare le lettere con parole di senso comune si usassero altre lettere date a caso, si avrebbe appunto una cifra del genere; e in effetti rinunciando al requisito del non essere sospetta, Tritemio alla fine del libro arriva alla recta tabula.
L'esempio interattivo qui sotto usa solo i primi 18 alfabeti del Libro I, dove Tritemio dalla pagina 107 alla 298 elenca la bellezza di 384 alfabeti, che danno un testo in latino che suona come un sermone.