ABCDEFGHILMNOPQRSTVX DEFGHILMNOPQRSTVXABC
Svetonio nella Vita dei dodici Cesari racconta che Giulio Cesare usava per le sue corrispondenze riservate una cifra monoalfabetica molto semplice, nella quale la lettera chiara viene sostituita dalla lettera che la segue di tre posti nell'alfabeto: la lettera A è sostituita dalla D, la B dalla E e così via fino alle ultime lettere che sono cifrate con le prime come nella tabella che segue (che fa riferimento all'odierno alfabeto internazionale). Svetonio non dice nulla su come cifrare le ultime lettere dell'alfabeto; di solito si intende che si proceda circolarmente ricominciando dalla A come nella lista seguente (alfabeto latino):
che nell'alfabeto latino moderno diventa:
Prendendo come esempio la frase Auguri di buon compleanno si otterrà il seguente messaggio cifrato:
Più in generale si dice cifrario di Cesare una cifra nella quale la lettera del messaggio chiaro viene spostata di un numero fisso di posti, non necessariamente tre; un esempio è la cifra che sempre secondo Svetonio era usata da Augusto, dove la A era sostituita dalla B, la B dalla C fino all'ultima lettera dell'alfabeto latino, la X, che era sostituita da una doppia A.
Per un alfabeto di $N$ caratteri sono possibili $N$ cifrari di Cesare con spostamento $ s \lt N $; o meglio sarebbe dire $N-1$ cifrari, visto per $s=0$ si ha un cifrario identico che restituisce il testo chiaro; matematicamente la cifra di Cesare si riduce ad un'addizione modulo $N$; detta $x$ la lettera chiara, la lettera cifrata $y$ è:
$$ y = x + s \pmod N $$
Ne segue che dal punto di vista della crittanalisi il cifrario di Cesare è debolissimo essendoci solo $25$ cifrari non banali diversi se si usa l'alfabeto latino contemporaneo a $26$ lettere, $19$ se si usa l'alfabeto latino classico a $20$ lettere.
Come detto sopra questo cifrario è descritto da Svetonio, dal quale si capisce che Cesare lo usava per le sue comunicazioni private. Non si hanno altre notizie storiche sul suo eventuale uso nel corso della storia romana, al di fuori della variante usata da Augusto, sempre descritta da Svetonio. Fondamentalmente non si ha alcuna notizia di un uso sistematico delle cifre da parte degli antichi romani. Nel medio evo si trovano esempi di cifratura con metodi ancora più deboli, in particolare quello di cifrare solo le vocali, secondo schemi come A = X, E = XX, I = XXX, O = XXXX, V = XXXXX, e in seguito A=1, E=2, I=3, O=4, V=5.